L’invidia ci vede benissimo e colpisce anche in tempo di Covid

Subire l’invidia altrui gratuitamente provoca delusione, senso di tradimento e dolore nell’animo quanto più questo sentimento negativo ti viene rivolto da persone che la vita ha messo nel tuo cammino proprio al fine di sostenerti. La contiguità con parenti amici e colleghi dovrebbe essere intesa come una rete protettiva contro le avversità della vita. Questa rete è fondamentale per potersi aiutare nei momenti difficili e realizzare momenti di gioia e di serenità insieme. E’ una rete che dovrebbe contemplare il famoso “prossimo tuo” di memoria evangelica.
Spesso di angelico, però, gli invidiosi non hanno nulla.
L’invidia è dotata soprattutto di una notevole capacità di osservazione al fine di “guardare male, con sguardo sbiego”, di lingua affilata e di altre armi manipolatorie per colpire il malcapitato di turno.
La parola invidia deriva dal latino invidere (“in” in negativo più “videre” guardare).
Per la dottrina cattolica è uno dei vizi capitali, per il filosofo Socrate l’invidia è l’ulcera dell’anima.
Ci sono persone che nascono con un profondo senso di insicurezza, circa se stessi, il proprio ruolo sociale e scelgono, ma non è in modo assoluto inevitabile, di essere invidiosi a vita.
Ebbene questo veleno dell’anima non permette loro di vivere appieno la propria esistenza. Le energie sono sprecate letteralmente per osservare dal buco della serratura la vita altrui.
“Quello si è laureato, mio figlio no”. E’ un esempio. “Il collega ha avuto la promozione, io no”.
Ci si ferma alle apparenze, segno d’ignoranza e poca intelligenza.
Nel tempo dell’apparenza e degli (o delle) influencer (di cosa, non si è capito ancora), tutto viene misurato nel tempo di uno scatto (spesso intimo). Oppure di un filmato in cui mostri qualche tua peculiarità e questo a mio avviso può essere bello, si mette in comune una conoscenza, si è tutorial, ci si può esprimere.
L’importante che tutti si sentano potenziali tutor di qualcosa nella vita e non tutti devono sgomitare per raggiugere pubblici vasti, follower a più non posso che possono condizionarti a tal punto che possono destabilizzare un equilibrio mentale e far scomparire il senso di pudore e di intimità necessari per godere appieno della vita. Mantenere il mistero su di sè è il sale della vita.
Anche in famiglia. Soprattutto in famiglia.
Anche in tempo di Covid si notano grandi atteggiamenti dettati dall’invidia.
“Quella persona ha fatto prima il vaccino di me” oppure a lui (o a lei) “quello giusto”.
“Quel fratello o sorella è stato fortunato nella vita, noi no”, per cui il primo atto manipolatorio e vigliacco è l’isolamento del malcapitato. Nella vita quotidiana innanzi tutto. Poi sui social, in maniera puerile con i like non messi. E’ una forma di bullismo casalingo. Che ha effetti negativi sulla vittima anche se di questo si parla poco. E se ti ricordi del bene fatto a queste persone ti addolori, ovviamente. Tuttavia è esattamente ciò che vogliono ottenere gli invidiosi.
Mi è capitato di sentire una persona vicina affermare che anche gli ammalati di Covid dovevano vaccinarsi come gli altri, presto. Frase detta con cattiveria, mica con compassione.
Gli immunizzati, in questa lotta tra disperati, sono addirittura “invidiati”. Potevano morire in 48 ore. Ma l’invidioso lo dimentica. Ci si ferma all’apparenza. Lui o lei sono immunizzati al Covid, quindi “sono fortunati”. “Magari hanno anticorpi maggiori di noi vaccinati”. Siamo arrivati all’invidia della malattia più nefasta dell’ultimo secolo.
La bontà tra esseri umani (per fortuna non tutti) è spesso uno sbiadito ricordo.
Se ci si soffermasse un po’ di più sulla storia personale degli invidiati si comprenderebbe che spesso è frutto di enormi sacrifici di studio, di lavoro, di abnegazione per ottenere il proprio obiettivo che l’invidioso di turno non ha voluto fare. A tempo debito. Inoltre il dolore, la malattia, le vicissitudini e le difficoltà della vita toccano tutti noi, in ogni momento. Non è il conto in banca, il viaggio in uno scatto, oppure un meritato successo professionale che te li risparmiano.
Allora possiamo dedurre da questa breve analisi che l’invidia è nociva per se stessi e per gli altri, le vittime.
Che per nessun motivo devono farsi irretire e farsi tirare nelle paludi della delusione e dello sconforto. Qualche minuto di disorientamento e poi deve scattare la carica della giustizia e della positività. Si deve guardare avanti con energia e ottimismo.

Cristina Palumbo Crocco

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