Siti italiani dell’UNESCO: paesaggi vitivinicoli del Piemonte. Langhe-Roero e Monferrato

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Il 50° riconoscimento da parte dell’UNESCO per l’Italia arriva per i paesaggi vitivinicoli del Piemonte; sono in particolare tantissimi i comuni appartenenti alle zone “speciali” produttrici di vini apprezzati in tutto il mondo. I siti posti sul podio dell’eccellenza globale sono: Langa del Barolo; Colline del Barbaresco; Castello di Grinzane Cavour; Nizza Monferrato e Barbera; Canelli e Asti Spumante; Moscato; Loazzolo; Monferrato degli Infernot.

In Italia si incomincia a produrre vino a partire dal 1500 a.C in zone dal clima non particolarmente freddo, in cui non è però incluso il territorio piemontese alle prese con temperature decisamente troppo rigide. Dopo l’VIII sec. a.C. muta lo scenario climatico e storico di queste terre. In questo nuovo contesto sono gli Etruschi dell’Italia centrale ad “iniziare” le popolazioni piemontesi e celtiche ai piaceri della degustazione del vino. Con l’avanzata delle civiltà greche e romane, poi, si perfeziona nelle terre nordiche la tecnica di coltivazione dell’uva. Si abbandona la potatura lunga e si adotta quella corta. In particolare con il dominio romano si arricchisce in Piemonte la produzione enologica del territorio e si sperimentano sempre più nuovi vitigni.

E’ solo a partire dal XIX sec., tuttavia, che si individuano determinati poderi, con caratteristiche climatiche e territoriali particolari, a cui affidare il prestigio di una produzione vinicola d’eccellenza. I nuovi vitigni si chiamano Barbera, Dolcetto, Nebbiolo, Freisa, Bonarda e Grignolino. Le nobili famiglie piemontesi a fine ‘800 fanno a gara per imporre il proprio prodotto a livello internazionale e far in modo di essere presenti con il loro nettare sulla tavola del re. Ci riesce abilmente la famiglia Falletti di Barolo; la signora Giulia Colbert, infatti, moglie del Marchese Falletti, ha la felice intuizione di regalare 365 “carra” di Barolo (circa 500 litri al giorno) al re Carlo Alberto di Savoia e alla sua corte. Da quel momento il nobile “rosso” diventa per tutti il “il vino del re, il re dei vini”.

Nel corso degli anni successivi le tecniche qualitative alla base della produzione enologica piemontese si perfezionano sempre più, tanto da richiedere etichettature riconosciute DOC (Denominazione di Origine Controllata), DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) e IGT (Indicazione Geografica Tipica), al fine non solo di favorire la classificazione e la commercializzazione dei vini “nobili”, ma anche per arginare eventuali fenomeni di sofisticazione del vino.

L’UNESCO, nel 2014, ha deciso di riconoscere universalmente il prestigio, il fascino e il valore culturale delle zone enologiche piemontesi perché “sono una eccezionale testimonianza vivente della tradizione storica della coltivazione della vite, dei processi di vinificazione, di un contesto sociale, rurale e di un tessuto economico basati sulla cultura del vino…I vigneti di Langhe-Roero e Monferrato costituiscono inoltre un esempio eccezionale di interazione dell’uomo con il suo ambiente naturale: grazie a una lunga e costante evoluzione delle tecniche e della conoscenza sulla viticultura si è realizzato il miglior adattamento possibile dei vitigni alle caratteristiche del suolo e del clima, tanto da diventare un punto di riferimento internazionale. I paesaggi di Langhe-Roero e Monferrato incarnano l’archetipo di paesaggio vitivinicolo europeo per la loro grande qualità”.

Cristina Palumbo Crocco

Fonti :

http://www.unesco.it/cni/index.php/siti-italiani

http://www.regione.piemonte.it/notizie/piemonteinforma/archivio/inevidenza/2009/marzo/unesco_langhe/dwd/progetto.pdf

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