La storia del pilota Antonio Sena è incredibile; sembra un film ma non lo è.
Partito da Alenquer, nello stato di Parà, lo scorso 28 gennaio si schianta dopo appena quaranta minuti di volo.
Stava volando, infatti , a circa 900 metri di quota sopra l’Amazzonia ed era diretto ad una miniera nel profondo della riserva di Maicuru, in Brasile.
Sfortunatamente, durante il viaggio, l’unico motore del piccolo aereo a elica che pilotava si spegne e il velivolo precipita al suolo.
Il pilota, fortunatamente, ne esce completamente illeso mentre l’aereo, dal carico altamente infiammabile (trasportava gasolio), brucia un attimo dopo che lui si è allontanato dal mezzo.
Precipitato nella jungla cammina per 36 giorni fino a quando riesce a mettersi in salvo attraversando la foresta pluviale dell’Amazzonia, habitat di giaguari, anaconda, ragni velenosi.
«La prima notte è stata terribile. La foresta era piena di rumori, completamente buia» — racconta Antonio al New York Times —. Ma i momenti difficili sono stati tanti: il dolore per i morsi d’insetti, il freddo, la fame. In quei giorni ho capito per la prima volta nella mia vita che cosa vuole dire essere, davvero, “affamati”. Solo il pensiero della mia famiglia e la fede in Dio mi hanno sostenuto».
Per sopravvivere, inizialmente, Antonio si accampa vicino ai resti del suo aereo per essere individuato più facilmente, ma purtroppo non funziona. Afferma che «I soccorritori volavano su di me , ma non riuscivano a vedermi».
Non gli resta che camminare. «Ho sempre fatto sport ma muoversi per sopravvivere è un’altra cosa». Attraversa paludi. Improvvisa ripari «con palme e foglie di sororoca per proteggermi dalla pioggia».
Dorme in collina, lontano dall’acqua, «perché è la riserva di caccia dei predatori». Viene anche assediato da branchi di scimmie ragno che cercano di distruggergli i già precari rifugi.
Per sopravvivere impara a cibarsi con ciò che trova e dice: «Per tre volte ho mangiato uova di uccello inambu — racconta —, per il resto frutti di breu. Lo facevano le scimmie, potevo farlo anch’io». E alla fine si salva.
Finalmente dopo più di un mese di cammino si imbatte in alcuni raccoglitori di noci che non frequentavano quella parte della foresta da tre anni.
A guidare il gruppo è Maria Jorge dos Santos Tavares, 67 anni, che aveva perso il marito per Covid-19 e che per far fronte ai problemi economici, aveva iniziato a perlustrare la foresta proprio lì dove si trovava il pilota. «Abbiamo perso una vita e tu ne hai guadagnata una», gli dice la donna.
Questa donna ha salvato la vita ad Antonio e come lui stesso afferma «Ora lei è la mia seconda mamma», commenta commosso.
Quello che è accaduto al pilota sembra un miracolo; una storia incredibile dal lieto fine.
Grazia Crocco