La Nasa, l’ente spaziale americano, ha da poco assegnato all’ingegnere pugliese trentaduenne Giuseppe Cataldo due premi molto prestigiosi (l’Early Career Public Achievement Medal e il Group Achievement Award) per i suoi contributi al programma del James Webb Space Telescope, il telescopio spaziale successore dell’attuale Hubble.
Il primo premio gli è stato assegnato per i nuovi metodi matematici ideati per controllare gli aspetti termici del nuovo telescopio, mentre il secondo per i meriti conquistati nella costruzione e nella prova dello stesso osservatorio al centro Goddard della Nasa.
Giuseppe dopo aver ricevuto gli ambiti premi ha espresso così la sua riconoscenza e contentezza: “Da bambino sognavo di lavorare alla Nasa. Quando anni dopo, a Washington, ho ricevuto la proposta per essere assunto non ci credevo”.
Il telescopio spaziale James Webb (JWST o Webb) è il nuovo telescopio spaziale orbitante per l’astronomia a raggi infrarossi, che dovrebbe essere lanciato in orbita nel 2019 partendo dallo spazioporto di Arianspace a Kourou, nella Guiana Francese, trasportato in orbita solare da un razzo Ariane 5.
Il telescopio è anche il frutto di una collaborazione internazionale tra NASA, Agenzia Spaziale Europea (ESA) e Agenzia spaziale canadese (CSA).
Ha un grande specchio di 6,5 metri, che si apre come un fiore e dispiega i suoi 18 petali di berillio.
Inoltre, la temperatura dovrà essere al di sotto di 266 gradi per permettere al meglio la riuscita delle funzioni e per far raccogliere la radiazione infrarossa emessa dai corpi celesti più deboli e remoti.
Lo specchio è pure schermato da cinque fogli di Kapton, un materiale plastico che accetta le alterazioni provocate dall’ambiente spaziale: lunghi 20 metri, anch’essi dovranno aprirsi alla perfezione dopo essere stati piegati come degli origami.
Giuseppe spiega poi che, grazie al suo metodo matematico, “si verificano le qualità termiche del telescopio in appena due settimane quando prima occorrevano tre mesi. Ma soprattutto sarà in grado di garantire un’affidabilità finora impossibile da raggiungere”.
Ed è quello che serve perché il grande «occhio cosmico» sarà sistemato a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra per allontanarlo da possibili disturbi causati dal nostro pianeta o dalla Luna, e non potrà essere riparato come era accaduto con Hubble grazie a varie missioni dello shuttle e agli interventi degli astronauti.
«Lassù sarà capace di rivoluzionare l’astronomia mostrandoci gli oggetti più antichi del cosmo, vale a dire l’universo bambino. Quando, dopo soli 400 milioni di anni dal Big Bang, nascevano le prime stelle e le prime galassie». Mai nessuno strumento costruito dall’uomo era riuscito a vedere tanto lontano nel tempo e nello spazio.
Grazia Crocco