Il sistema delle infrastrutture di trasporto è stato paragonato al sistema nervoso: funziona bene quando assicura scambi veloci tra le varie parti del corpo (del territorio) e quando è guidato dalla testa (una strategia). Invece il sistema italiano dei trasporti è un organismo fortemente squilibrato: solo il 6% delle merci viaggia su rotaia , più del 40% della rete ferroviaria del sud non è elettrificata, è bassa mediamente la qualità del trasporto regionale, l’insieme dei nostri porti movimenta meno delle merci che passano per le sole Rotterdam e Amburgo, mentre nel nostro sistema aeroportuale polverizzato solo 6 scali sono ad oggi connessi con la rete ferroviaria e la quota di mercato italiana nel trasporto aereo europeo di merci è pari al 6% contro il 30% tedesco. Questo sistema genera costi insopportabili per le nostre imprese ed una situazione di svantaggio nella competizione globale. Il deficit logistico genera extracosti per non meno di 40 miliardi di euro l’anno che possiamo recuperare con un programma adeguato.
Per uscire dall’”individualismo infrastrutturale”, in cui spesso le scelte rispondono ad interessi particolaristici , anche opachi, e a pressioni elettoralistiche , occorre non inventare ma seguire una strategia, già condivisa a livello europeo insieme ad altri 27 Stati. Il libro Bianco europeo dei trasporti fissa i seguenti obiettivi: la lunghezza della rete ferroviaria ad alta velocità esistente deve triplicare entro il 2030; entro il 2050 tutti i principali aeroporti della rete devono essere collegati alla rete ferroviaria; entro il 2050, tutti i porti marittimi devono essere collegati al sistema di trasporto merci per ferrovia e, laddove possibile, alle vie navigabili interne. Entro queste coordinate devono orientarsi le scelte nazionali sul sistema dei trasporti. Ugualmente, la programmazione nazionale deve puntare al completamento della parte italiana della rete strategica europea dei trasporti (TEN T), di cui ben 4 corridoi comunitari attraversano l’Italia. Per il rispetto delle scadenze stabilite a livello Comunitario (completamento della Core Network entro il 2030) è stato quindi stimato un fabbisogno finanziario di competenza per interventi di sviluppo o per fasi di essi di circa 21 mld di euro per il periodo 2014-2020, in grado di generare 357mila nuovi posti di lavoro.
Questa è la condizione per assicurare la permanenza dell’Italia nel cuore degli scambi della nuova Europa allargata a Oriente. E questo è il motivo per cui la competenza statale sulle grandi reti di trasporto deve ritornare esclusiva. Ovviamente all’Europa va richiesto il massimo cofinanziamento possibile e la non contabilizzazione, ai fini del patto di stabilità, di tutte le risorse nazionali impiegate per finanziare le opere di interesse comunitario. La strategia europea sui trasporti va vincolata per legge, va spiegata opportunamente al cittadino sin dalla scuola e attraverso dibattiti pubblici regolati dal punto di vista normativo. Quando si è condivisa una strategia con l’Europa, l’Italia non può metterla in discussione ad ogni sussulto politico.
La peculiare posizione geografica dell’Italia, la rende una piattaforma logistica naturale per l’Europa nel Mediterraneo. Ma l’Italia soffre la concorrenza sia dei grandi porti del Nord come Rotterdam e Amburgo, sia di quelli emergenti del Nord Africa. Oltre il 75% dell’import export della UE viaggia in mare ed i porti italiani intercettano oltre il 30% del traffico internazionale che transita per il Mediterraneo. Cosa serve ai porti italiani per diventare veramente competitivi? Una revisione del ruolo e del numero delle Autorità portuali. Un numero limitato di sistemi portuali (regionali o di area) per la gestione dei grandi flussi di traffico internazionale. Investimenti pubblici mirati per la connettività ed efficienza delle infrastrutture a supporto del trasporto intermodale. Il potenziamento delle autostrade del mare.
La forza competitiva dei porti del Nord Europa risiede nell’elevata dimensione logistica delle aree portuali. Se l’Italia si rafforza in questo senso, potrà sfruttare al meglio il suo vantaggio geografico moltiplicando PIL e occupazione. La riforma portuale sarà anche una leva per l’attrazione di capitali privati.
Finora il finanziamento della rete autostradale è stato anche una palestra per l’attrazione del capitale privato. E’ auspicabile l’ulteriore utilizzo del partenariato pubblico privato, nelle sue varie forme, dei project bond e l’abbassamento ulteriore del valore delle opere che possono godere del credito d’imposta. Occorre efficientare la rete autostradale esistente, anche attraverso i sistemi di esazione del pedaggio “free flow” ( che eliminano la necessità di caselli e barriere) e l’infomobilità, (che ottimizza l’uso della rete esistente). Occorre favorire il finanziamento con fondi comunitari della rete stradale non finanziabile dai privati. Occorre efficientare il trasporto merci su strada, con provvedimenti che disincentivano la frammentazione del settore. Occorre incentivare l’ammodernamento del parco veicolare del trasporto merci, in linea con le nuove direttive europee sull’autotrasporto che mirano alla riduzione delle emissioni. Occorrono investimenti sulla mobilità elettrica, che ha un potenziale fino a 3,8 mln di autovetture, ma che richiede 3 milioni di colonnine di ricarica per un investimento dai 2 ai 3 miliardi di euro. Occorre utilizzare tutte le molteplici applicazioni che il nuovo sistema satellitare europeo Galileo rende possibili in termini di tracciabilità, efficienza e sicurezza.
Nel settore ferroviario, oltre al completamento della parte italiana della rete strategica europea, occorre anche intervenire sulle maggiori criticità: il basso livello del trasporto pubblico regionale, che va considerato prioritario quanto l’alta velocità; l’adeguamento e l’elettrificazione della rete ordinaria, soprattutto nel Sud; il deficit di capacità in alcuni nodi strategici, in particolare lungo le direttrici internazionali di valico; la scarsa infrastrutturazione ferroviaria dei porti. Occorre anche lavorare sul binomio treno-turismo e favorire una convenzione Ministero Infrastrutture e Trasporti ed Ente nazionale Turismo, costruendo pacchetti turistici tutto compreso attraverso le più belle città italiane, utilizzando treni speciali per le varie soste dell’itinerario esattamente come le navi da crociera.
Anche nel settore aeroportuale, occorre uscire dal campanilismo deficitario, per entrare nel dominio della strategia: selezione delle priorità per l’intervento pubblico in linea con le priorità comunitarie, approvazione del piano nazionale degli aeroporti, investimenti per la connettività intermodale, potenziamento del segmento cargo per sfruttarne tutte le notevoli potenzialità inespresse.
Per favorire la mobilitazione del capitale privato nelle opere pubbliche occorre qualificare le stazioni appaltanti: esse vanno fortemente ridotte, dotate dei massimi specialisti, fornite dei massimi controlli di legalità e coadiuvate da una task force sul partenariato pubblico privato che consenta di valorizzare strumenti innovativi come il project financing, il contratto di disponibilità, il leasing in costruendo. Occorre dare certezza assoluta ai contratti mediante una clausola di invarianza. Va infine ulteriormente rafforzato il ruolo del regolatore dei trasporti, per favorire i benefici effetti delle liberalizzazioni che, ad esempio, nel mercato ferroviario, in seguito all’ingresso di un nuovo operatore nell’alta velocità, ha portato aumento dell’offerta, miglioramento della qualità nei servizi, riduzione dei prezzi ed aumento della domanda di trasporto, con 7 milioni in più di viaggiatori. Nel sistema dei trasporti, la manutenzione va considerata prioritaria, sia nel campo ferroviario che in quello stradale, dove occorre completare la messa in sicurezza di ponti, viadotti e gallerie che hanno superato il periodo di vita utile e sono quindi in pericolo.
Le reti di trasporto consentono di collegare e di valorizzare le città, produttrici di PIL, mete di turismo, contenitori di patrimonio artistico. La rigenerazione urbana acquista così un valore per l’intero sistema Paese.
Nell’edilizia, occorre un “Piano Marshall” dedicato a casa, scuola, città, manutenzione del territorio. Innanzitutto è fondamentale favorire la finanziabilità dell’alloggio sociale attraverso i fondi comunitari, destinando così non meno di 3 MLD all’edilizia residenziale pubblica e all’housing sociale, in grado peraltro di generare più di 50mila nuovi posti di lavoro. Il fondo di Cassa Depositi e Prestiti dedicato all’housing sociale, attualmente dotato di 2 MLD, va raddoppiato, anche coinvolgendo la Banca europea degli investimenti. Nel sistema dei fondi immobiliari possono essere conferiti sia le decine di migliaia di alloggi disponibili dell’agenzia del Demanio, sia i 20 mila alloggi ex Iacp da ristrutturare, sia (previo accordo con il sistema bancario) l’invenduto delle imprese di costruzione. Occorre sbloccare i fondi ex Gescal che ammontano a 1,6 MLD per destinarli all’offerta di case popolari, generando così circa 13mila nuovi alloggi e 30mila nuovi occupati; occorre dedicare una parte significativa del Fondo di garanzia per le PMI alle garanzie per i mutui prima casa per coloro che pur affidabili hanno un merito di credito insufficiente; occorre abbassare ulteriormente l’aliquota per gli immobili affittati a canone concordato stimolando ulteriormente questi contratti attraverso un fondo di garanzia per la morosità ; occorre aumentare la dotazione del fondo di sostegno all’affitto e di quello per la morosità incolpevole; ripristinare la deduzione IRPEF del 15% per gli immobili locati; incentivare la ristrutturazione ed il recupero del patrimonio edilizio rispetto alle nuove costruzioni; stabilizzare sia la detrazione per le ristrutturazioni edilizie, sia quella per la riqualificazione energetica degli edifici (solo nel 2013 il giro d’affari è stato di circa 14,5 MLD con 283mila occupati), rendendole ancora più selettive e più efficaci, come proposto dalle principali associazioni di settore; incentivare fiscalmente le imprese che acquistano l’usato da riqualificare e l’acquirente di immobili completamente rigenerati e performanti sotto il profilo statico ed energetico.
Per la prima volta in Italia abbiamo una mappatura completa delle condizioni di sicurezza dei 45 mila edifici scolastici. Il piano per la messa in sicurezza di tutte le scuole va ora portato a termine con procedure semplificate e coinvolgendo anche i privati, che possono farsi carico delle spese rivalendosi sulla gestione di alcune attività fondamentali, in una nuova concezione della scuola come polmone della socialità di quartiere, aperta h.24 e non solo per le ore di lezione.
I fondi comunitari, oltre che sull’emergenza casa, vanno fatti confluire sul piano città, attivando subito non meno di 4 MLD sulla rigenerazione urbana, che possono fare da leva per 40 MLD di investimenti, con 600 mila nuovi occupati , forti benefici sulla qualità della vita e sul turismo ed un rinnovamento del vetusto patrimonio edilizio che dovunque possibile va demolito e ricostruito con adeguati incentivi. La cabina di regia del piano città, che comprende i vari livelli di governo territoriale e nazionale, può essere dotata di ulteriori poteri e diventare metodo generalizzato di decisione veloce e condivisa. I quartieri rigenerati del piano città possono ospitare anche contenitori artistici in grado di esporre le migliaia di opere preziose oggi confinate negli scantinati dei principali musei e negate sia agli occhi del pubblico che alla valorizzazione anche turistica ed economica. Il piano città dovrebbe privilegiare gli interventi nelle aree più degradate delle città, prevedendo interventi standard con creazione di aree ricreative e sportive (con il coinvolgimento di grandi sponsor privati) , laboratori di formazione lavoro e strutture di pubblica sicurezza. Infine, una quota del piano città, previa selezione riservata ai capoluoghi regionali, verrebbe assegnata per il cofinanziamento di aree urbane dedicate a fiere internazionali permanenti, in grado di rappresentare i prodotti e le eccellenze (anche artistiche e gastronomiche) di ogni Paese del mondo oltre a quelle italiane e di attrarre ulteriormente il turismo internazionale in Italia.
Secondo uno studio del Ministero dell’Ambiente, il 9,8% del territorio nazionale –circa 3 milioni di ettari – è classificabile come area ad alta criticità idrogeologica. Sono 6.633 i Comuni in pericolo per il dissesto idrogeologico, l’82% dei Comuni italiani. Oltre la metà degli italiani vive in aree soggette ad alluvioni, frane, smottamenti, terremoti, fenomeni vulcanici. Occorre un piano straordinario di manutenzione del territorio contro il dissesto idrogeologico : 7 Mld spalmati su 10 anni, in grado di generare 119mila nuovi posti di lavoro. Occorre, inoltre, un Piano per l’acqua del valore di 25,3 MLD spalmati in 5 anni (di cui 4,8 MLD immediatamente cantierabili) anche per evitare che il 33% dell’acqua introdotta nelle tubature vada persa, come avviene oggi.
Infine, le semplificazioni e la deflazione del contenzioso. Da un lato occorre alleggerire il codice degli appalti e le norme sull’edilizia da tutti gli appesantimenti e vessazioni che rallentano i cantieri, dall’altro occorre disincentivare il contenzioso sugli appalti avendo, come riferimento, le migliori pratiche a livello internazionale di “appalti e cantieri veloci”. Occorre saldare subito tutti i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese di costruzione. Occorre infine che il Governo nazionale sostenga lo sforzo di internazionalizzazione delle imprese di costruzione, come è avvenuto in Algeria, dove alla filiera italiana è stato affidato nel 2013 un programma per la realizzazione di 100mila alloggi in 5 anni, per un valore di circa 4 mld di euro , con forti benefici per le imprese e 68 mila nuovi posti di lavoro.
Domenico Crocco