Il dibattito sull’edilizia sociale in Italia si riaccende ciclicamente: in questo periodo, di forte contrazione economica, sembra tornare di attualità un intervento pubblico nel settore, per far fronte alla domanda di locazione e alle necessità del comparto immobiliare di sbloccare la propria attività.
Come sempre in Italia, si discute principalmente di finanziamento pubblico, in un’ottica di sviluppo keynesiano, minimizzando le conseguenze dell’impatto di un simile intervento sulle necessità di finanza pubblica.
Per ampliare il dibattito e offrire una prospettiva alternativa, mi sembrerebbe opportuno valutare come si agisce nel resto d’Europa, e, in particolare, nei paesi dove l’edilizia sociale è maggiormente sviluppata. Il caso francese potrebbe rappresentare un modello da analizzare attentamente, sia per affinità dimensionali della Francia con l’Italia, sia per dinamiche di sviluppo similari nei precedenti periodi storici.
La prima evidente differenza è che il modello francese ha prodotto di più: in Francia sono stati costruiti oltre 4.000.000 di alloggi che ad oggi ospitano circa 12.000.000 di persone e sono il 16% di tutte le abitazioni francesi. In Italia l’attuale stock abitativo sociale non arriva a 900.000 unità e ospita circa 3.000.000 di persone.
Analizziamo le caratteristiche principali del modello francese:
Gli alloggi vengono realizzati dagli HSM (acronimo di habitasion a loyer moderè) che possono essere PUBBLICI o PRIVATI.
Le attività di sviluppo vengono finanziate tramite la raccolta di fondi effettuata dalla CDP francese, attraverso uno strumento semplicissimo, il libretto di risparmio dedicato, (Livret A) che ha raccolto fondi della popolazione francese per € 280.000.000.000,00 (duecentottanta miliardi); attualmente il tasso di remunerazione riconosciuto è pari al 2,25% ed è esentasse. In Italia il comparto è sovvenzionato dallo Stato.
Gli HSM ospitano, come in Italia, le fasce più deboli della popolazione, ma viene loro garantito l’incasso di un canone di equilibrio (la somma delle spese per la gestione e manutenzione, della restituzione del capitale e degli interessi e da un margine contenuto per la remunerazione dell’attività).
In presenza di difficoltà economiche del nucleo ospitato, riconosciute dal controllo socio assistenziale, il pagamento del canone viene garantito dalle autorità locali e dallo Stato, ad integrazione della capacità di pagamento del locatario. In Italia il canone di locazione è stabilito per legge regionale e, mediamente, non è sufficiente a remunerare i costi generali di gestione manutenzione e tassazione; solamente in parte e in misura decrescente, viene integrato dal fondo sociale a sostegno della locazione.
Mantenendo le dovute distanze dal modello urbanistico delle banlieues, cittadine o quartieri dormitorio di soli alloggi HSM, costruiti in Francia per dare risposta all’immigrazione delle ex colonie, la cui concentrazione ha generato gravi tensioni sociali, il sistema francese presenta degli indubbi vantaggi:
L’apertura del mercato ai privati, che portando concorrenza, mette in moto un processo virtuoso di miglioramento del servizio pubblico.
La possibilità di dare uno sbocco “sociale” al risparmio dei cittadini, in Italia notoriamente propensi anche all’investimento immobiliare, con sistemi di raccolta molto semplici e trasparenti, garantiti dall’istituzione pubblica.
La separazione netta tra l’attività gestionale, dedicata a realizzare e gestire alloggi a canone moderato e il sostegno sociale alla persona, che si estrinseca in un contributo al pagamento della locazione e dei servizi connessi, non scaricando più sul gestore i costi sociali dell’inclusione, realizzerebbe contemporaneamente un incremento di trasparenza gestionale nelle politiche di welfare.
L’esplosione dell’offerta abitativa ottenibile a fronte dell’iniezione di liquidità, sottoposta al controllo della pubblica amministrazione con un opportuna attività di monitoraggio della congruenza con la domanda tramite l’attivazione di un osservatorio, potrebbe avviare un processo virtuoso di risposta alle 600.000 domande inevase di alloggi in locazione o a riscatto.
In conclusione bisognerebbe porsi l’interrogativo di fondo: vogliamo dare una risposta alla domanda di abitazioni sociali in locazione, o sovvenzionare la costruzione di alloggi?
Il modello francese risponde prevalentemente al primo quesito e per questo è sicuramente più virtuoso ed efficiente del modello italiano attuale, che opera con il contributo pubblico alla costruzione di alloggi: la concorrenza genera efficienza, il controllo pubblico garantisce la trasparenza, la raccolta del risparmio privato dilata le possibilità di finanziamento, mettendo a disposizione risorse a favore delle fasce più deboli, in un processo virtuoso di investimento nell’incremento della coesione sociale.
La più grande difficoltà italiana nell’adottare un percorso simile è nella volontà predominante di conservazione del sistema, che consente di mantenere una politica fortemente dirigistica, prima statale ed oggi regionale, a prezzo di una forte inefficienza gestionale legata alla scarsità di risorse e alla rigidità burocratica del settore. Probabilmente l’autoreferenzialità degli attori, in assenza di merito conclamato, resta il maggior ostacolo italiano ad un processo di modernizzazione, di stampo più europeo, dell’edilizia residenziale sociale e, soprattutto, alla soddisfazione dei bisogni emergenti di case in locazione a canone moderato.
Carlo Sansottera